Il 7 gennaio è l’anniversario della nascita (nel 1912) del poeta, scrittore, critico letterario e traduttore italiano (toscano) Giorgio Caproni (1912-1990).
it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Caproni
Cantò soprattutto la città natale (Livorno), quella di Genova dove visse molti anni, la madre, il viaggio e il linguaggio: trattò con particolare insistenza il tema del linguaggio, che giudicava strumento insufficiente e ingannevole, inadeguato a rappresentare la realtà.
Una curiosità: nel 2017, agli esami di maturità nelle scuole italiane, fu chiesto ai candidati di spiegare e commentare una poesia di Giorgio Caproni:
www.istruzione.it/esame_di_stato/201617/Italiano/Ordinaria/P000_ORD17.pdf
Non soltanto gli studenti, ma anche la stampa domandò: chi è questo Giorgio Caproni? Gli esperantisti lo conoscevano già dal 1990 (data di pubblicazione del volume “Enlumas min senlimo”, che contiene traduzioni in Esperanto di sue opere).
Elenco, in fondo, le sue poesie tradotte in Esperanto.
Ne trascrivo una (in italiano, e nella traduzione in Esperanto), che mi è particolarmente cara: l’ho utilizzata come saluto di congedo quando, 4 anni fa, sono andato in pensione.
Allego un ritratto del poeta.
CONGEDO DEL VIAGGIATORE CERIMONIOSO
Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
(Scusate. È una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare.
Ecco. Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. Chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo – odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te, ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto s’io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
Giorgio Caproni
°°°°°
FORSALUTO DE LA CEREMONIEMA VOJAĜANTO
Amikoj, laŭ opinio
persona ŝajnas pliboni
ke mi subenigu l’ valizon.
Eĉ se mi horon de alveno
ne konas, kaj eĉ ne
scias kiuj haltejoj
antaŭas la mian,
signoj certe admonas min,
el kiom mi aŭde perceptis
pri ĉi lokoj, ke baldaŭ
mi devos elvagoni.
Bonvolu do min pardoni
pri l’ eta ĝenado kaŭzita.
Kun vi mi gajis profite
ek de l’ forir’, kaj ege
mi estas danka, nu kredu min,
pro l’ ĉarma kompanio.
Ankoraŭ mi ŝatus rezoni
longe kun vi. Iluzio.
Pri l’ lok’ de l’ transmigra evento
ignor’. Sed sento
ke ofte mi riskos bezoni
memoron pri vi, novrezide,
dum al okul’ venas vide
el la fenestro, tra l’ fumo
humida de l’ nebulo
nin volvanta, ruĝa
de mia staci’ la tabulo.
Mi vin salutas tamen
ne kapablante rifuzi,
etan, konsternomakulon.
Estis tiel bele rezoni
kune, vid-alvide sidantaj:
tiel bele konfuzi
vizaĝojn (disponi
cigaredŝanĝojn por fumi),
kaj tiel multe proponi
pri ni (eĉ fanfaroni
facile, dum publika rakonto),
ĝis ni povis admoni
pri kio ni, eĉ devigite,
neniam aŭdacis kun precizo
(erare) per vortoj disdoni.
(Pardonu. Estas peza valizo
eĉ malgraŭ malmulta enten’:
tiel ke mi demandas pri l’ ĝen’
de l’ portado, kaj kiun
helpon ĝi povas doni
poste, dum la promen’.
Sed ja mi ĝin devas disponi,
eĉ se nur por sekvi l’ kutimon.
Lasu ĝin, mi petas, deponi.
Kiam ĝi estas, jen,
en koridor’, mi min sentas
pli vigla. Bonvolu pardoni).
Mi diris, ke bele dum oni
kunis. En babil’ droni.
Ni havis iam kelkajn
kontrastojn, laŭ natur’.
Ni ja – normala nur
eĉ tio – nin malamis
plurpunkte, kaj ni ne flamis
nur cele al harmonio.
Sed nu, ne gravas tio.
Estu kiel ajn,
mi dankas, elkore, denove
pro l’ ĉarma kompanio.
Salut’ al vi, doktoro,
kaj al via elokventa doktrino.
Salut’ al vi, eta knabino
magra, al via odoro
de ludej’ kaj herbejo
sur vizaĝ’, kies mildo
estas leĝera bildo.
Salut’, soldat’ fidela
(aŭ maristo! Surtera,
mara aŭ enĉiela)
en pac’ aŭ milito vera.
Kaj ankaŭ al vi, sacerdoto,
salut’, vi demandis ĉu mi
(vi ŝercis!) povis laŭ doto
veran Dion gustumi.
Salut’ al la saĝeco
kaj salut’ al la amo.
Salut’ ankaŭ al religio.
Mi jam estas ĉe l’ fina stacio.
Nun kiam mi pli akre sentas
la grincon de l’ bremso, mi lasas
vin vere, amikoj. Ĝis la.
Mi certas pri jen’: venis ja
mi al senespera medio
trankvila, nek sentas korŝiron.
Suben. Feliĉan pluiron.
Giorgio Caproni, trad. Carlo Minnaja
(“Enlumas min senlimo”, LF-KOOP,
La-Chaux-de-Fonds 1990, p. 200-203)
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Poesie di Giorgio Caproni tradotte in Esperanto
Poeziaĵoj de Giorgio Caproni tradukitaj al Esperanto
– “Congedo del viaggiatore cerimonioso” (Forsaluto de la ceremoniema vojaĝanto, trad. Carlo Minnaja (“Enlumas min senlimo”, LF-KOOP, Las-Chaux-de_Fonds 1990, p. 200-202);
– “Andantino” – trad. Gaudenzio Pisoni, Carlo Minnaja (“Enlumas min senlimo”, LF-KOOP, Las-Chaux-de_Fonds 1990, p. 203-204);
– “Preghiera d’esortazione o d’incoraggiamento” (Preĝo de instigo aŭ kuraĝigo), trad. Carlo Minnaja (“Enlumas min senlimo”, LF-KOOP, Las-Chaux-de_Fonds 1990, p. 204);
– “Per lei” (Por ŝi), trad. Nicola Ruggiero.