Il 13 settembre 1867 fu ufficialmente inaugurata a Milano la “Galleria Vittorio Emanuele II” (così chiamata in onore del primo sovrano del Regno d’Italia), la cui prima pietra era stata posta il 7 marzo 1865.
I lavori, però, terminarono soltanto dieci anni dopo; e il progettista, l’architetto Giuseppe Mengoni (1829-1877), non arrivò a prendere parte alla cerimonia di circostanza, fissata per il 30 dicembre 1877, perché qualche ora prima precipitò dalla più alta impalcatura della Galleria (ci fu chi sospettò un suicidio, provocato dalle critiche all’aspetto urbanistico ed artistico della Galleria, ed anche agli scandali amministrativi e finanziari che accompagnarono la nascita della struttura:
milanoalquadrato.com/index.php/2016/07/25/la-galleria-de-milan-una-tangentopoli-da-fine-800-per-il-primo-centro-commerciale-2/ ).
La Galleria costituì fin dall’inizio il “salotto buono” di Milano: un grandioso centro commerciale collocato tra il Duomo e il Teatro alla Scala, dove si stabilirono i locali pubblici più prestigiosi (tra gli altri, il Caffè Ristorante “Biffi”; il Caffè “Gnocchi”, che per primo utilizzò la luce elettrica; il Caffè di Gaspare Campari, l’inventore del famoso bitter; il Caffè “Zucca”, che a partire dal 1867 ha subito 87 rotture di vetrine in occasione di dimostrazioni politiche).
Avere una sede in Galleria era indice di successo: qui si stabilirono, tra gli altri, l’editore musicale Ricordi, il giornale “Corriere della Sera”, il primo circolo di proprietari di automobili, ed anche, negli anni trenta del secolo scorso, la Federazione esperantista italiana.
La Galleria fu devastata dai bombardamenti alleati dell’agosto 1943; nell’incendio che seguì, tra l’altro andò in fumo gran parte della tiratura delle “Guida di Roma” in Esperanto, edita dal Touring Club Italiano.
Trascrivo (in italiano, e in una delle traduzioni in Esperanto) la poesia di Salvatore Quasimodo “Milano, agosto 1943” (Milano, aŭgusto 1943).
Allego:
– una cartolina del 1880, con una veduta della Galleria poco dopo il completamento;
– una foto del 4 agosto 1943, con la Galleria dopo un bombardamento.
MILANO, AGOSTO 1943
Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l’usignolo
è caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.
Salvatore Quasimodo
°°°°°
MILANO, AŬGUSTO 1943
Vane vi serĉas meze de la polvo,
ho kompatinda mano, l’ urbo mortis.
Ĝi mortis: aŭdiĝis la lasta bruo
sur koro de Naviglio. Najtingalo
falis de l’ anteno alta sur la monakejo,
kie ĝi kantis antaŭ sunsubiro.
Ne fosadu putojn en la kortoj:
ne plu la vivantoj soifas.
Ne tuŝu la mortintojn, ruĝajn, ŝvelajn:
lasu ilin en la tero de l’ propraj domoj:
la urbo mortis, mortis.
Salvatore Quasimodo, trad. Luigi Minnaja
(“Radio Roma – Esperanto” 3.11.1959)