Il 30 agosto è l’anniversario della morte (nel 1706) del militare piemontese Pierre Micha, conosciuto come Pietro Micca (1677-1706),
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morto eroicamente a 29 anni durante l’assedio di Torino da parte delle truppe francesi, nel corso della guerra di successione spagnola.
Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706, soldati francesi entrarono in una delle gallerie sotterranee della Cittadella, uccidendo le sentinelle.
Pietro Micca, per impedire il passaggio, decise allora di far saltare in aria la galleria che conduceva all’interno, e non potendo usare una miccia lunga per il poco tempo a disposizione, usò una miccia corta, dando rapidamente fuoco alle polveri.
La morte (contrariamente a quello che normalmente si si pensa, a quanto tradizionalmente è insegnato nelle scuole italiane, ed alle immagini tradizionali – ad esempio, l’allegato francobollo italiano del 1977, su bozzetto di Giuseppe Ascari, per il terzo centenario della nascita) non fu immediata perché causata dall’esplosione, ma sopraggiunse per i gas sprigionatisi nella galleria.
Il sacrificio di Pietro Micca non fu né subito né adeguatamente riconosciuto: la vedova (con figli) dovette implorare una pensione, e le fu attribuito un vitalizio… di due pani al giorno.
Soltanto nel 1781 si cominciò ad esaltare la figura di Pietro Micca, quale simbolo di eroismo e di amor patrio; vi accenna, ad esempio, Edmondo De Amicis nel libro “Cuore”, parlando della scuola:
“Più in là è la maestrina della penna rossa che legge ad alta voce: – Allora Pietro Micca con la miccia accesa…” (26 maggio).
Ancor più Pietro Micca fu esaltato durate il fascismo (anche per il riavvicinamento di quell’epoca dell’Italia all’Austria, e il contrasto con la Francia; e nel 1706 l’Austria era alleata del Piemonte contro i francesi); ne fa fede l’allegata pagina del bollettino mensile dei programmi dell’EIAR (Radio Roma) per l’estero dell’agosto 1939, con l’annuncio per il 29 agosto di una conversazione su tema “Ricordi di tempi passati: Pietro Micca e la libertà italiana”.
Umberto Eco, ne “Il Secondo Diario Minimo”, ha scritto invece una spiritosa “intervista immaginaria”, in cui Pietro Micca racconta (in dialetto piemontese) una ben diversa versione dei fatti; ne trascrivo un brano (neppure il più pungente), nelle traduzioni in italiano standard e in Esperanto.
(sekvas traduko al Esperanto)
MICCA – Se la galleria saltava e io tornavo a casa ero più contento, perché fare l’eroe è una cosa che va bene per i ricchi, che poi non so come succede ma alla fine della guerra sono sempre lì a ricevere le medaglie di persona. Noi povera gente non è il nostro mestiere, io preferivo smontare dal servizio un’ora prima.
Io preferivo se c’era la miccia da dieci. Ma la miccia da dieci non me l’han data, e forse in fureria non ce n’erano più perché l’esercito di Sua Altezza per risparmiare non sta dietro a nessuno. La guerra costa, e bisogna spendere quello che ci vuole. Poi finisce che paghiamo noi come al solito, quelli risparmiano sulla miccia, ma chi ci rimette le cuoia è sempre il Micca Pietro.
Umberto Eco, “Il Secondo Diario Minimo”
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(traduko):
MICCA – Se la tunelo eksplodus kaj mi revenus hejmen, mi estus pli kontenta, ĉar konduti heroe estas afero, kiu taŭgas por la riĉuloj, kiuj poste – mi ne scias kiel tio okazas – ĉe la fino de la milito estas ĉiam tie, ricevante la medalojn persone. Ni malriĉuloj, ĝi ne estas nia fako, mi estus preferinta fordeĵori unu horon pli frue.
Mi estus preferinta havi pli longan meĉon. Sed pli longan meĉon oni ne donis al mi, kaj eble en la magazeno ne plu estis da ĝi, ĉar la armeo de lia Reĝa Moŝto por ŝpari postrestas neniun. Milito kostas, kaj oni devas elspezi tion, kio estas bezonata. Cetere, fine pagas ni kiel kutime; iuj ŝparas pri meĉo, sed kiu kreve mortaĉas estas ĉiam Micca Pietro.
Umberto Eco, “Il Secondo Diario Minimo”