Il 25 maggio è l’anniversario della morte (nel 2014) dell’ex generale polacco (degradato “post mortem” il 6 marzo 2018) e politico Wojciech Witold Jaruzelski (1923-2014),
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Capo di Stato della Polonia, di fatto tra il 1981 e il 1989, e come Presidente legittimamente eletto dal 1989 al 1990.
Si tratta di un personaggio molto controverso: i suoi sostenitori ritengono che, sia pure forzando le leggi, abbia salvato la Polonia dall’invasione delle truppe del Patto di Varsavia (come avvenuto nel 1956 in Ungheria e nel 1968 in Cecoslovacchia), assumendo d’autorità il potere come Capo del governo, Ministro della Difesa e Primo segretario del Partito Comunista polacco (POUP), e mettendo a tacere le proteste popolari generate dal sindacato “Solidarność” di Lech Wałęsa; i suoi avversari, invece, lo accusano di aver compiuto un colpo di Stato, con una incostituzionale dichiarazione della legge marziale (13 dicembre 1981-22 luglio 1983),
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la soppressione delle libertà, l’internamento di migliaia di attivisti senza processo, e decine di morti tra i manifestanti; gli rimproverano anche di aver agito contro i partigiani polacchi anticomunisti nel 1945-1947, di aver preso parte nel 1968 all’invasione della Cecoslovacchia, e di aver represso le manifestazioni operaie di Danzica nel dicembre 1970.
In due occasioni ho sperimentato, indirettamente, lo “stato di guerra” dichiarato in Polonia:
1- allego la busta di una lettera dell’8 aprile 1982, a me indirizzata, con un vistoso timbro di censura;
2- nel 1981-1982, la Polonia era sull’orlo della bancarotta: mancavano viveri e medicinali.
L’Unione Internazionale Cattolica Esperantista (Internacia Katolika Unuiĝo Esperantista – IKUE), di cui ero Segretario, si fece interprete presso i politici italiani delle pressanti richieste di aiuto che venivano da quel Paese, e con una iniziativa umanitaria “bipartisan” nacque la legge 15 luglio 1982, n. 446, la quale previde che per quattro mesi “i pacchi postali da avviare per via di superficie diretti a destinatari residenti in Polonia vengono accettati dagli uffici postali della Repubblica italiana in esenzione da qualsiasi diritto postale e doganale e senza l’osservanza di alcuna formalità valutaria e doganale”.
Si rese così possibile inviare in Polonia migliaia di pacchi-dono; ovviamente, il grosso delle spedizioni ebbe luogo a cura di grandi istituzioni (in particolare, la Caritas fece avere alle Diocesi polacche 3.840.000 chilogrammi di beni di prima necessità), ma anche la sezione italiana dell’IKUE fece la sua parte, raccogliendo beni tra la popolazione di varie città (in particolare Rimini), curandone l’inoltro a indirizzi fidati, e facendo in modo che tra i donatori e i riceventi si stabilissero contatti epistolari attraverso l’Esperanto.
Di questa complessa attività è rimasta traccia in vari articoli della rivista “Espero katolika” (Speranza cattolica), di cui sono Direttore, ad esempio:
www.esperokatolika.org/ek19811985/ek1982_07.htm#5
www.esperokatolika.org/ek19811985/ek1982_0809.htm#7
Interessante
tre interesa, historiaĵoj ĉiam kondukas nin al tre malfacilaj situacioj.