Il 29 marzo è l’anniversario della morte (nel 1932) del politico socialista italiano Filippo Turati (1857-1932), da non confondere con il fascista Augusto Turati.
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Ho già parlato di lui il 29 marzo 2017,
ma allora mi sono limitato a presentare i suoi rapporti con il movimento esperantista.
Oggi cercherò di dare qualche indicazione sulla sua attività politica, indubbiamente fuori del comune.
Nato nel 1857 a Canzo (Como), in Lombardia, in una famiglia conservatrice dell’alta borghesia, a 27 anni, nel 1884, conobbe a Napoli la rivoluzionaria russa Anna Kulišëva – Kuliscioff (1855-1925),
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divenendone il compagno e aderendo al marxismo (con un gioco di parole, si potrebbe dire che divenne doppiamente “compagno”, e “abbracciò” insieme donna e ideologia).
Nel 1891 Turati fondò la rivista “Critica sociale”, nell’intento di creare una coscienza socialista riformista (con speciale attenzione al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori ed alle libertà politiche e sindacali), isolando le ali rivoluzionaria e anarchica.
Nel 1892, Turati fu uno dei fondatori del Partito dei Lavoratori Italiani (dal 1895, Partito Socialista Italiano), con il programma di raggiungere l’emancipazione della classe operaia non mediante la rivoluzione, ma gradualmente e attraverso la normale competizione elettorale.
Sebbene il partito fosse stato sciolto d’autorità, nel 1896 Turati fu eletto Deputato; arrestato dopo i moti popolari di Milano del 1898 (repressi nel sangue dal Generale Fiorenzo Bava Beccaris),
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e condannato a 12 anni di carcere, tra l’altro per aver scritto i versi del “Canto dei lavoratori” (Inno del partito operaio),
fu rimesso in libertà dopo qualche mese, grazie a un’amnistia; rieletto Deputato, riprese la lotta politica, come capo della corrente riformista del partito socialista.
Antimilitarista convinto, si oppose alla guerra italo-turca (cosiddetta “di Libia”) del 1911, e all’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale.
Nel dopoguerra, il partito socialista subì varie scissioni: nel 1919, Benito Mussolini (all’epoca socialista rivoluzionario) fondò i “Fasci di combattimento”; nel 1921, i massimalisti fondarono il Partito Comunista Italiano; e nel 1922 Turati, massimo esponente dei riformisti, fu espulso dal partito socialista, e fondò il Partito Socialista Unitario.
Un’eco di queste lotte interne alla sinistra italiana (un fenomeno costante nel tempo) si ha in una poesia satirica del poeta romanesco Trilussa (Carlo Alberto Salustri) del 1922, che trascrivo in fondo, con una mia traduzione letterale in Esperanto.
Quando fu assassinato Giacomo Matteotti (1924), l’Onorevole Turati prese parte alla cosiddetta “secessione dell’Aventino” contro Mussolini, astenendosi dall’attività parlamentare in segno di protesta, ma senza contrastare efficacemente il nascente fascismo.
Nel 1926, Turati dovette fuggire in Francia; lì si adoperò per la creazione di un fronte antifascista, per la riunificazione del partito, e per la denuncia della dittatura di Mussolini.
Morì a Parigi nel 1932, in una condizione amara di esule, contestato sia dai reazionari che dai massimalisti, che per motivi opposti osteggiavano Turati, gli uni perché lo ritenevano troppo avanzato nella lotta per l’emancipazione operaia, gli altri perché lo accusavano di debolezza in una lotta che volevano intransigente, e criticavano l’appoggio dato a Governi “borghesi” (sia pure per raggiungere risultati di grande valore per la classe operaia: riduzione dell’orario di lavoro, e divieto di lavoro per i minori di dodici anni), e la debole resistenza contro il fascismo nascente
D’altra parte, è difficile rimproverare a Filippo Turati di non essersi reso conto subito e pienamente del pericolo del fascismo; basti pensare – come ricorda Renzo De Felice in “Mussolini e il Fascismo”, vol. II, p. 393-394, citato da Carlo Minnaja nel libro “L’Esperanto in Italia” – che la stessa Kuliscioff scrisse a Turati, il 24 novembre 1923 (quando era già passato un anno dalla Marcia su Roma):
“Ciò che deve premerci come Partito e come cittadini italiani è il ritorno graduale alla vita normale, cioè l’assorbimento del fascismo nella normalità della convivenza civile”.
Allego:
– il francobollo del 2012 della Repubblica di San Marino, dedicato a “Filippo Turati, Maestro di Libertà”, con un ritratto del politico e in secondo piano la rivista “Critica sociale”;
– un ritratto di Anna Kulišëva – Kuliscioff.
(sekvas traduko al Esperanto)
L’UNITÀ DER PARTITO
(da “Le Favole”, 1922)
Ner congresso socialista
de li Gatti intransiggenti
parlò un Micio communista:
– Qua ‘gni tanto c’è un miciotto
che se squaja (1) sotto sotto:
chi s’alliscia a li padroni
pe’ raggioni de politica,
chi è cacciato perché critica
li compagni chiacchieroni,
questo dà le dimissioni,
quello scappa, l’antro litica…
Ma se annamo de ‘sto passo
famo broccoli (2), scusate!
Troveremo er proletario
che ce tira le sassate!
No, compagni! È necessario
ch’ogni membro der partito,
favorevole o contrario,
nun se squaji e resti unito.
P’evità l’inconveniente
c’è un rimedio solamente:
se legamo tutti assieme
pe’ la coda, e famo in modo
che se un Gatto vô annà avanti
è obbrigato de sta’ ar chiodo,
ché, se tira, strigne er nodo
e stracina tutti quanti.
Er compagno, che se sente
trattenuto, certamente
strilla, sgnavola (3), s’arruffa,
smania, sgraffia, soffia, sbuffa;
ma cór freno a parteddietro
chi lo libbera? San Pietro?
1. Se ne va. 2. Non riusciremo, falliremo. 3. Miagola.
Trilussa (Carlo Alberto Salustri)
(“Tutte le poesie di Trilussa”, Mondadori, 1995, p. 227-228)
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(Laŭvorta traduko)
LA UNUECO DE LA PARTIO
(el “Le Favole” – La Fabloj, 1922)
En la socialista kongreso
de la nekompromisemaj Katoj
parolis komunista Kato:
– Ĉi tie de tempo al tempo iu kato
kaŝe elŝteliĝas:
iu flatas la mastrojn
pro kialoj de politiko,
iu estas forpelata ĉar li kritikas
la tro babilemajn kamaradojn,
iu eksiĝas,
iu forkuras, alia disputas…
Sed se ni daŭrigas tiel,
ni fiaskos, pardonon!
Ni trovos la proleton,
kiu havigos al ni ŝtonbatojn!
Ne, kamaradoj! Estas necese
ke ĉiu membro de la partio,
favora aŭ malfavora,
ne elŝteliĝu kaj restu kunigita.
Por eviti la malagrablaĵon
estas nur unu rimedo:
ni interligas nin ĉiujn kune
per la vosto, kaj ni aranĝas tiel,
ke se unu Kato volas iri antaŭen,
li estu devigita resti alnajlita,
ĉar, se li tiras, li plistreĉas la nodon
kaj kuntrenas ĉiujn.
La kamarado, kiu sentas sin
retenita, certe
krias, miaŭas, krispiĝas,
agitiĝas, gratas, blovas, kolerspiras;
sed kun la bremso ce l’ postaĵo
kiu povas liberigi lin? Ĉu Sankta Petro?
Trilussa (Carlo Alberto Salustri), 1922
trad. Antonio De Salvo