Il 29 agosto è l’anniversario della morte (nel 1300) del poeta e pensatore italiano (fiorentino) Guido Cavalcanti (1258-1300)
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Oltre che per la sua produzione poetica (in particolare, la “Ballata dell’esilio”) è ricordato perché è citato:
– da Dante Alighieri nella “Divina Commedia” (Inferno X, 61-69 e Purgatorio XI, 97-99), nelle “Rime” (sonetto “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io”) e nel “De Vulgari Eloquentia”;
– da Giovanni Boccaccio nel “Commento alla Divina Commedia” e nella nona novella della sesta giornata del “Decamerone”;
– da Franco Sacchetti nella novella LXVIII del “Trecentonovelle”
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2018/07/10/franco-sacchetti/
Inoltre, sebbene non ci sia rimasta di lui alcuna opera filosofica, è ricordato per il suo amore alla filosofia ed alla conoscenza; stando a quello che dice Boccaccio, “egli fu un de’ miglior loici che avesse il mondo e ottimo filosofo naturale”, vicino al pensiero di Epicuro (di cui parlerò in altra occasione).
Oggi trascrivo la “Ballata dell’esilio”, in italiano e nella traduzione in Esperanto di Giordano Azzi.
Allego (da una vecchia cartolina) l’immagine della Cattedrale della cittadina di Sarzana (Liguria), dove Cavalcanti trascorse alcuni mesi di esilio politico da Firenze(dal 24 giugno al 19 agosto 1300); l’esilio fu revocato per le sue cattive condizioni di salute; per ironia della sorte, tornò sì in Toscana, contrariamente a quanto supposto nella Ballata, ma dieci giorni dopo morì.
LA BALLATA DELL’ESILIO
Perch’i’ no spero di tornar giammai,
ballatetta, in Toscana,
va’ tu, leggera e piana,
dritt’a la donna mia,
che per sua cortesia
ti farà molto onore.
Tu porterai novelle di sospiri
piene di doglia e di molta paura;
ma guarda che persona non ti miri
che sia nemica di gentil natura:
ché certo per la mia disavventura
tu saresti contesa,
tanto dal lei ripresa
che mi sarebbe angoscia;
dopo la morte, poscia,
pianto e novel dolore.
Tu senti, ballatetta, che la morte
mi stringe sì, che vita m’abbandona;
e senti come ‘l cor si sbatte forte
per quel che ciascun spirito ragiona.
Tanto è distrutta già la mia persona,
ch’i’ non posso soffrire:
se tu mi vuoi servire,
mena l’anima teco
(molto di ciò ti preco)
quando uscirà del core.
Deh, ballatetta mia, a la tu’ amistate
quest’anima che trema raccomando:
menala teco, nella sua pietate,
a quella bella donna a cu’ ti mando.
Deh, ballatetta, dille sospirando,
quando le se’ presente:
– Questa vostra servente
vien per istar con voi,
partita da colui
che fu servo d’Amore – .
Tu, voce sbigottita e deboletta
ch’esci piangendo de lo cor dolente,
coll’anima e con questa ballatetta
va’ ragionando della strutta mente.
Voi troverete una donna piacente,
di sì dolce intelletto
che vi sarà diletto
starle davanti ognora.
Anim’, e tu l’adora
sempre, nel su’ valore.
Guido Cavalcanti
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LA BALADO DE L’ EKZILO
Ĉar ne esperas mi reveni iam,
hejmlanden, baladeto,
vi flugu for, kun preto,
rekte al ino mia;
ŝi per ĝentilo sia
akceptos vin honore.
Vi portos pri sopiroj la sciigon,
pri dolor’ mia kaj pri multa timo;
sed gardu vin de iu ajn intrigo
de homo malĝentila en l’ animo;
ĉar certe, pro malŝanca la destino,
vi estus malhelpata,
kaj tiom riproĉata,
ke mi angorus forte,
tiel, ke eĉ postmorte,
mi plorus plendolore.
Vi sentas, baladet’, ke tiel Morto
sieĝas min, ke l’ vivo min forlasas;
vi sentas, kiel batas kor’ kun forto,
ĉar spiritan barakton mi trapasas.
Tiom la korpovelko min atakas,
ke mi eĉ ne suferas;
se helpon vi oferas,
gvidu mian animon,
jen mia petesprimo,
dum ŝprucos ĝi elkore.
Ho! baladet’, al amikeco via,
mi ĉi animon treman rekomendas:
vi gvidu ĝin, kun plendoloro ĝia,
al belulin’, al kiu mi vin sendas.
Ho! baladet’, dum vi ĉe ŝi atendas,
diru al ŝi sopire:
“Jen mi, servant’, dezire
por kunestado venas,
el tiu kiu penas
je l’ serv’ de Am’ fervore”.
Vi, voĉo konsternita, malforteta,
plorelire el kor’ dolordensa,
kun la anim’ kaj kanto baladeta
iru dirante pri la velko mensa.
Vi trovos inon je plaĉo intensa
je tia komprenemo,
ke sentos vi ĝojplenon
kunesti ĉiun horon.
Ŝatu ŝian valoron,
animo, vi, adore.
Guido Cavalcanti, trad. Giordano Azzi
(“Itala antologio” 1987, p. 34-35)