Il 28 marzo è l’anniversario della morte (nel 1994) del drammaturgo e saggista romeno Eugen Ionescu, conosciuto come Eugène Ionesco (1909-1994)
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perché vissuto a lungo in Francia.
Nato in Romania da padre romeno e madre francese di origini greco-romene, a un anno di età fu portato in Francia; tornò in Romania nel 1925, quando aveva 16 anni (e soltanto allora imparò il romeno).
Studiò in Romania. In quel periodo scrisse in romeno “Englezeşte fără profesor” (L’inglese senza professore), da non confondere con l’opera di Tristan Bernard
“L’anglais tel qu’on le parle” (tradotta in Esperanto da Gaston Moch nel 1907 con il titolo “La angla sen profesoro”).
Fu di nuovo in Francia dal 1938; e tranne un breve periodo in Romania dal 1939 al 1941, visse in Francia fino alla morte (è sepolto a Parigi nel Cimitero di Montparnasse).
Politicamente è considerato un “anarchico di destra”; nel 1992 aderì al Partito Radicale Transnazionale di Marco Pannella.
Ionesco è stato il creatore del cosiddetto “teatro dell’assurdo”, senza una vera trama, ma basato tutto su un linguaggio di banali luoghi comuni, con giochi di parole e situazioni illogiche.
Davanti alla sua prima opera, “La Cantatrice chauve” (La Cantatrice calva,) del 1950
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la critica apprezzò la novità, ma il pubblico rimase impietrito.
Ionesco non si perse d’animo per l’insuccesso, e tra il 1950 ed il 1952 produsse altre 8 opere teatrali dello stesso genere: in particolare, “La Leçon” (La Lezione) e “Les Chaises” (Le Sedie).
A partire dal 1955, il pubblico cominciò ad interessarsi del suo nuovo modo di fare teatro (anche se sarebbe da vedere quanto esso fosse realmente capito).
Un grande successo fu conseguito nel 1958 con “Rhinocéros” (Il Rinoceronte), che lo consacrò un classico del teatro francese, e valse in qualche modo a difenderlo dall’accusa di mancanza di impegno politico (l’opera è una satira dei regimi totalitari, che cercano di imporre il loro potere ai cittadini, i quali, dopo una prima fase di rassegnazione, si adeguano e diventano a loro volta prevaricatori).
Le opere successive sono dominate dall’ossessione della morte, dallo scetticismo, dall’assurdità della vita che fugge e sfugge, dalla rassegnazione, dall’angoscia.
Ionesco raggiunse il culmine della fama con la rappresentazione alla “Comédie-Française”, nel 1966, de “La Soif et la faim” (La Sete e la Fame), e la sua elezione, nel 1970, all’Académie française.
Queste opere sono state tradotte in Esperanto, ed anche rappresentate in teatro:
– “La leçon” (La leciono), trad. Srdjan Flego, rappresentata durante il 49° Congresso Universale di Esperanto dell’Aia (1964);
– “La leçon” (La leciono), trad. Armela LeQuint e Ĵak’ Le Puil, La Kancerkliniko 2009.
– “La cantatrice chauve” (La kalva kantistino), trad. Georges Lagrange, TESPA 1978;
– “Englezeşte fără profesor” (La angla sen instruisto), trad. Ionel Oneţ, Thaumiers, La Kancerkliniko 2014.
In “Literatura Foiro” 2013-262, p. 102, c’è una foto di Ionesco insieme con altri due famosi romeni “francesi”, Mircea Eliade ed Emil Cioran.
In “Literatura Foiro” 1994-148, p. 91-92, c’è un interessante articolo di Georges Lagrange, intitolato “Pri kantistino kaj rinocero”; non potendolo riprodurre integralmente, cito queste frasi, sulla difficoltà di tradurre Ionesco:
>Ĉiuj amatoraj trupoj permesas al si ludi La kalvan kantistinon ĉar… temas pri mallonga teatraĵo, kun malmultaj rolantoj kaj tio ŝajnas facila pro la banaleco de la frazoj…
>Facila? kiom teda tio povas iĝi, se ne lerte interpretata!
>Kaj same la tradukado, malgraŭ tiu banaleco, estis terure malfacila, ĉar ofte ŝoviĝas aludoj aŭ vortludoj en tiu banaleco. Ĉefe la ŝajne vortĥaosa fino entenis multajn kaptilojn. Kaj la kulturaj aludoj, kiujn franclingvano tuj komprenas, devis iĝi aludoj esperantokulturaj.
(traduzione):
>Tutte le compagnie amatoriali si permettono di recitare La cantatrice calva perché si tratta di un’opera teatrale breve, con pochi personaggi, e sembra facile per la banalità delle frasi…
>Facile? Quanto può diventare noiosa, se non interpretata bene!
>Ed anche la traduzione, malgrado quella banalità, è stata terribilmente difficile, perché spesso in quella banalità si insinuano allusioni o giochi di parole. Soprattutto il finale apparentemente caotico conteneva molti tranelli. E le allusioni culturali, che chi parla francese capisce subito, son dovute diventare allusioni comprensibili in ambito internazionale a chi parla Esperanto.
Allego un ritratto di Ionesco.