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Vietato scrivere in Esperanto

Il bollettino ufficiale delle Poste italiane del 16 marzo 1942 rese note le disposizioni che, dal 30 marzo 1942 e “per la durata della guerra”, avrebbero regolato la corrispondenza diretta all’estero in partenza dal Regno d’Italia (compresi i possedimenti, le colonie e i territori occupati od annessi, ad esempio, la provincia già slovena di Lubiana):
studylibit.com/doc/4743841/i-rapporti-con-l-estero
Tra l’altro, fu vietato l’uso di lingue diverse da queste:
>albanese, amarica, araba, boema, bulgara, cinese, coreana, danese, finnica, francese, giapponese, greca, italiana, inglese, latina, norvegese, olandese, persiana, polacca, portoghese, rumena, russa, serbo-croata, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, thailandese, turca, ucraina, ungherese.
​Dal 30 marzo 1942, pertanto, di fatto non fu consentito corrispondere con l’estero in Esperanto, non perché vi fosse un esplicito divieto, ma perché questa lingua non era compresa nell’elenco delle lingue ammesse.
Capisco che tra le lingue ammesse ve ne fossero alcune (giapponese, latino) che per principio non potevano essere escluse, trattandosi della lingua di Paesi alleati o della Chiesa cattolica; è curioso, invece, che tra le lingue ammesse ve ne fossero alcune decisamente “esotiche”, all’epoca non molto conosciute in Italia (ad esempio, coreana, persiana, thailandese), forse addirittura meno diffuse dell’Esperanto, e che probabilmente avrebbero potuto creare difficoltà ai soggetti incaricati della censura.
Sarebbe interessante conoscere i motivi della mancata inclusione dell’Esperanto. Personalmente, credo che si sia trattato di non conoscenza, o di voluta ignoranza; non mi spingerei ad ipotizzare un aprioristico sospetto di inaffidabilità degli esperantisti per via del loro pacifismo ed internazionalismo. Sarebbe grave, invece, se si fosse trattato di un intento discriminatorio, originato dal fatto che Zamenhof era ebreo: non posso dimenticare che poche settimane dopo, in un clima di esasperata avversione per tutto ciò che era o appariva ebraico, fu emanata la legge 19 aprile 1942, n. 517, la quale vietò l’utilizzo di opere di autori ebrei (questo, probabilmente, fu il motivo dell’improvvisa cessazione delle trasmissioni in Esperanto di Radio Roma, iniziate nel 1935).
​Quanto ai rapporti degli esperantisti italiani con i Paesi orientali in tempo di guerra, allego una singolare cartolina illustrata spedita il 6 gennaio 1942, con l’immagine del Caffè “Ottino” di Torino (“ritrovo degli esperantisti”); in essa si esprime il desiderio di corrispondere “con qualche camerata giapponese esperantista che si trovi a Roma”, e si chiede “l’indirizzo del Sam. Chen Choa Coo” (mia domanda: indocinese/ vietnamita, cinese, o che cos’altro?).
La precisazione “che si trovi a Roma” farebbe pensare che anche prima del marzo 1942 non fosse consigliabile corrispondere con l’estero in Esperanto; ma allora, a che pro chiedere l’indirizzo del Sam. Chen Choa Coo, evidentemente all’estero? Purtroppo, la domanda rimarrà senza risposta, perché tutte le persone citate nella cartolina sono morte da tempo (Giuseppe Scalenghe, Aleviano Bisetti, Adelaide Giroldi, Carlo Borione, Attilio Vaona, Luigi Minnaja, Carolina Minio Paluello Minnaja, ecc.).

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