Il 13 settembre ricorre la morte (nel 1928) dello scrittore triestino di origine ebraica e di lingua italiana Aron Hector Schmitz, conosciuto con lo pseudonimo Italo Svevo (1861-1928)
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nato a Trieste quando la città era austriaca, e rimasto cittadino austriaco durante la prima guerra mondiale (prese la cittadinanza italiana, modificando il nome in Ettore Schmitz, quando Trieste divenne italiana nel 1919).
Portatore, come molti triestini, di due culture (quella tedesca e quella italiana), Svevo non visse questo dualismo come conflittualità: al contrario, proprio nella scelta dello pseudonimo volle sottolineare l’armonia di queste due esperienze: Italo con riferimento all’Italia, e Svevo con riferimento al mondo tedesco.
Svevo è noto soprattutto per due romanzi introspettivi, “Senilità” (1898) e “La coscienza di Zeno” – titolo ambiguo, per la duplicità di significato della parola “coscienza” (1923), che al loro apparire (pubblicati a spese dell’autore) passarono inosservati, tanto che lo scrittore continuò ad occuparsi dell’azienda familiare di vernici sottomarine, mentre l’attività letteraria rimase marginale e nascosta.
Amico dello scrittore irlandese James Joyce (suo insegnante di inglese, del quale parlerò in altra occasione), questi lo segnalò al pubblico nel 1925, seguito da Eugenio Montale, non molto prima della morte, che lo colse nel 1928 per le conseguenze di un incidente stradale.
Dal punto di vista linguistico, Svevo era accusato di “scrivere male”, con un linguaggio scarno e ricco di prestiti dialettali; paradossalmente, proprio per questo oggi la prosa di Svevo si legge più facilmente di quella dei suoi contemporanei, che “scrivevano bene”.
Allego:
– l’immagine del francobollo italiano del 2011 per il 150° anniversario della nascita di Svevo, con l’annullo speciale di Trieste;
– la copertina e la pag. 30 del bel libretto “Triesto inter Karsto kaj maro – Magiaj itineroj” (Trieste tra il Carso e il mare – Itinerari magici), curato da Elda Doerfler della Associazione Esperantista Triestina – AET. Svevo è sepolto nel cimitero cattolico (uno dei sette di Trieste) perché nel 1897, in occasione del matrimonio, abbracciò il cattolicesimo.