L’11 febbraio 1843 ebbe luogo, al Teatro alla Scala di Milano, la prima rappresentazione dell’opera di Giuseppe Verdi, su libretto di Temistocle Solera, “I Lombardi alla prima crociata.
it.wikipedia.org/wiki/I_Lombardi_alla_prima_crociata
Di quell’opera è famoso soprattutto il coro “O Signore, dal tetto natio”,
www.youtube.com/watch?v=8RMOjWQPM2A
che divenne un canto di battaglia per i patrioti italiani del Risorgimento che aspiravano all’indipendenza dal dominio austriaco.
Per la verità, quel coro fu adottato come canto nostalgico (una specie di pionieristica “Lilì Marlene”)
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2017/08/29/lili-marleen/
anche dagli occupanti soldati austriaci (boemi e croati) lontani dalla patria, come attesta Giuseppe Giusti nella poesia del 1846 “Sant’Ambrogio”:
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2018/12/07/santambrogio/
Era un coro del Verdi; il coro a Dio
là de’ Lombardi miseri, assetati;
quello: “O Signore, dal tetto natio”,
che tanti petti ha scossi e inebriati.
°°°°°
Il coro “O Signore, dal tetto natio” non è né il primo né l’ultimo caso di brano d’opera utilizzato, anche indipendentemente dalla volontà degli autori, per affermare l’amore di patria e l’aspirazione alla libertà; basti pensare a questi:
– 22 maggio 1813: viene rappresentata, al Teatro San Benedetto di Venezia, l’opera di Gioachino Rossini “L’Italiana in Algeri”, su libretto di Angelo Anelli; un brano suscita reazioni entusiastiche:
Pensa alla patria, e intrepido
il tuo dover adempi:
vedi per tutta Italia
rinascere gli esempi
di ardire e di valor,
tanto che, quando l’opera viene rappresentata nella Roma papale, deve cambiare titolo e diventare “Il naufragio felice”;
– 25 luglio 1844, Attilio ed Emilio Bandiera vengono fucilati nel vallone di Rovito presso Cosenza, a seguito di un fallito tentativo di insurrezione; muoiono cantando:
“Chi per la patria muor vissuto è assai”.
Ma non è un canto di guerra, è un brano dell’opera “Caritea regina di Spagna” (1826) di Saverio Mercadante, su libretto di Paolo Pola;
www.youtube.com/watch?v=3FFcE84bWtE
– 3 agosto 1829: va in scena a Parigi “Guglielmo Tell” (Guillaume Tell nella versione originale francese) di Gioachino Rossini; pur essendo una storia svizzera, viene vista come esaltazione della ribellione ai soprusi;
– 26 dicembre 1831: va in scena al Teatro “alla Scala” di Milano la “Norma” di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, con il coro dei guerrieri galli in lotta contro la dominazione romana:
Guerra, guerra! Le galliche selve
quante han querce producon guerrier;
– 9 marzo 1842: debutta al Teatro alla Scala di Milano il “Nabucco” di Giuseppe Verdi (su libretto anche qui di Temistocle Solera), con il notissimo coro “Va’ pensiero”,
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2018/10/10/giuseppe-verdi-nabucco/
che passa la censura perché viene visto come lamento degli ebrei schiavi a Babilonia, mentre l’allusione è agli italiani (di Milano, Venezia e Trieste) oppressi dagli austriaci (l’unica modifica imposta dalla censura austriaca è la sostituzione di una parola:
“ove olezzano libere e molli”
diventa
“ove olezzano tepide e molli”
– 9 marzo 1844: va in scena al Teatro “La Fenice” di Venezia l’opera di Giuseppe Verdi “Ernani”, su libretto di Francesco Maria Piave. Sebbene si tratti di una vicenda ambientata nella Spagna del Rinascimento, il fatto che vi si parli di ribelli contro tiranni e oppressori è sufficiente perché venga considerata sovversiva;
– 27 gennaio 1849: prima rappresentazione, al Teatro Argentina di Roma, dell’opera di Giuseppe Verdi (su libretto di Salvadore Cammarano) “La Battaglia di Legnano”, ovviamente intesa come patriottica;
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2019/05/29/battaglia-di-legnano/
– 13 giugno 1855: va in scena a Parigi “I Vespri siciliani” (titolo originale: Les vêpres siciliennes); il riferimento all’attualità è così evidente (sebbene la vicenda si svolga nel 1282),
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/2017/04/17/vespri-siciliani-siciliaj-vesproj/
che per essere rappresentata in Italia (al Teatro Regio di Parma, il 26 dicembre 1855) l’opera, nella versione italiana di Arnaldo Fusinato, deve cambiare titolo, divenendo “Giovanna de Guzman”, e l’azione viene spostata in Portogallo, per non urtare i francesi;
– 1858: poco prima del debutto al Teatro San Carlo di Napoli, previsto per febbraio, ci si accorge che la trama dell’opera di Giuseppe Verdi (su libretto di Antonio Somma) “Un ballo in maschera” sembra un richiamo alla cronaca, poiché tratta di un potente ucciso in una congiura, e il 14 gennaio 1858 Felice Orsini aveva tentato di uccidere l’Imperatore francese Napoleone III, ritenuto colpevole della fine della Repubblica Romana nel 1849.
www.bitoteko.it/esperanto-vivo/eo/2020/02/09/repubblica-romana/
La direzione del Teatro vuiole modifiche tanto radicali (a partire dal titolo, che diventerebbe “Adelia degli Adimari”) che Verdi rinuncia alla rappresentazione; l’opera va in scena il 17 febbraio 1859 al Teatro Apollo di Roma, ma la censura papalina impone che la vicenda sia ambientata a Boston all’epoca coloniale, e non si parli più di aristocratici (Antonio Somma, a questo punto, pretende che il suo nome non appaia come autore del libretto).
L’intervento della censura è pero controproducente, perché in occasione delle prove nasce (scritto sui muri dell’albergo che ospitava il musicista) il famoso slogan “Viva V.E.R.D.I.”, che voleva significare “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia”.
Tornando per un attimo al Coro “O Signore, dal tetto natio”, è il caso di evidenziare che quando Solera scrisse
Oh Signore, dal tetto natio,
ci chiamasti con santa promessa;
noi siam corsi all’invito di un pio,
non aveva in mente Pio IX, ma il “pio” Godefroy de Bouillon (Goffredo di Buglione), dato che l’opera è del 1843, mentre Giovanni Maria Mastai Ferretti divenne Papa, con il nome Pio IX, il 16 giugno 1846.
Da ultimo, una curiosità, che dimostra quanto la figura di Giuseppe Verdi fosse ancora sentita in chiave patriottica, a distanza di decenni dagli eventi citati.
Allego una cartolina del 1913, gentilmente fornitami dalla esperantista triestina Elda Doerfler (i cognomi di Trieste rispecchiano bene la multiculturalità di quella città), in cui si parla di una manifestazione filoitaliana, formalmente in onore di Giuseppe Verdi, ma in realtà di ispirazione irredentista. Su quell’avvenimento, traduco quello che riferisce il numero 21 del 10 novembre 1913 della rivista “L’Esperanto”, nella rubrica “DALL’ESTERO” (Trieste era austriaca):
Trieste — Il 12 u. s., in occasione delle festività verdiane, il circolo esperantista triestino prese parte al corteo col vessillo sociale. Al monumento si depose una corona e fu abbassata per tre volte la nostra bandiera. Dinanzi all’Hôtel de la Ville (ove abitava Verdi) si tennero discorsi e si scoprì una lapide. Poscia, nonostante il divieto delle autorità, fu intonato il coro del «Nabucco».
°°°°°
Allego anche uno dei francobolli italiani del 1951 per il 50° anniversario della morte di Giuseppe Verdi; sullo sfondo, il Teatro “alla Scala” di Milano