Nel 1703 lo Zar di Russia Pëtr Velíkij (Pietro il Grande) fondò, sul delta del fiume Neva, nel golfo di Finlandia (Mar Baltico), la città di Sankt-Peterburg (in italiano, San Pietroburgo), con evidente allusione al Santo di cui portava il nome.
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I progetti furono affidati all’architetto ticinese Domenico Trezzini e ad architetti di scuola italiana.
Grazie alla sua posizione geografica, che la rendeva costantemente libera da ghiacci (a differenza di Archangelsk/ Arcangelo, sul Mar Bianco), e mediante prestazioni forzose di materiali e lavoro, la città (che attualmente ospita 5 milioni di abitanti) crebbe rapidamente, diventando capitale dell’impero russo, con imponenti edifici pubblici, ed un grandioso complesso industriale nella vicina base navale di Kronštadt, che lo Zar Nicola I copiò dalle Officine ferroviarie di Napoli Pietrarsa, all’epoca all’avanguardia.
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Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, lo Zar Nicola II eliminò la parola “Sankt”, e adottò termini slavi al posto di quelli germanici (“Petro” anziché “Peter” e “grad” anziché “burg”), sicché la città si chiamò Petrograd (in italiano, Pietrogrado).
Fu capitale dell’Impero russo fino al 5 marzo 1918, quando, a seguito delle vicende seguite alla “Rivoluzione di ottobre” del 1917, Lenin trasferì il nuovo Governo a Mosca.
Il 26 gennaio 1924, 5 giorni dopo la morte di Lenin, la città fu ribattezzata Leningrad (Città di Lenin).
Mantenne questo nome fino al 6 settembre 1991, quando un referendum decise di tornare al primitivo nome “Sankt-Peterburg”.
Due fatti manifestano la spaccatura nella popolazione a questo riguardo:
– la città fu ribattezzata “Sankt-Peterburg” con una risicata maggioranza del 54%;
– la regione (oblast) ha mantenuto il nome “Leningrad”.
Allego la busta di una lettera da Leningrado a Berlino dell’8 aprile 1928, di particolare interesse filatelico perché:
– di poco posteriore all’attribuzione del nuovo nome alla città;
– regolarmente “viaggiata”, per posta raccomandata;
– con un nitido timbro postale;
– con il francobollo emesso nel 1927, dalla neonata Unione Sovietica, in onore del creatore dell’Esperanto, l’ebreo polacco Ludovico Lazzaro Zamenhof (1859-1917), nato e vissuto come cittadino russo;
– ovviamente, anteriore all’epoca stalinista, quando cambiò l’atteggiamento governativo, e gli esperantisti furono perseguitati, deportati in Siberia e perfino fucilati, perché portatori di una ideologia “internazionalista” (Ulrich Lins ha scritto un libro in Esperanto, “La danĝera lingvo”, sulle persecuzioni degli esperantisti sotto i regimi totalitari di sinistra e di destra; il libro è stato tradotto in italiano con il titolo “La lingua pericolosa”).