Il 24 dicembre è l’anniversario della nascita (nel 1881) del poeta e traduttore spagnolo (andaluso) Juan Ramón Jiménez (1881-1958),
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premio Nobel per la Letteratura nel 1956, una delle voci più alte della letteratura spagnola.
Personaggio complesso, dalle molte sfaccettature, spesso in depressione (per qualche tempo fu anche ricoverato in clinica psichiatrica), politicamente impegnato (lasciò la Spagna nel 1936, all’inizio della guerra civile, e morì in esilio a Puerto Rico), è famoso soprattutto per il delicato poema “Platero y yo” (Platero e io: edizione completa nel 1917, con 138 capitoli): il racconto di un piccolo asinello, di nome Platero, al quale l’autore si lega da simpatia e amicizia, tanto che, tra realtà e fantasia, egli vede le sue vicende e quelle del mondo attraverso gli occhi e i sentimenti del suo amico.
Si pensa erroneamente che “Platero y yo” sia un libro per ragazzi, mentre invece, se così si può dire, è una “favola per adulti”, in cui non mancano (sebbene non sempre avvertiti) spunti di critica sociale; del resto, il poeta stesso scrisse:
«Yo nunca he escrito ni escribiré nada para niños, porque creo que el niño puede leer los libros que lee el hombre, con determinadas excepciones que a todos se le ocurren».
(traduzione: Non ho mai scritto e non scriverò mai per bambini, perché credo che il bambino può leggere i libri che legge l’adulto, con determinate eccezioni che capitano a tutti).
In fondo, gli adulti sono “bambini cresciuti troppo in fretta”; ed è bello riscoprire la leggerezza dell’infanzia, che si dimentica crescendo.
Il testo utilizza un ricco vocabolario, con invenzione di parole, espressioni andaluse, abbondanza di paragoni e metafore, e largo uso di aggettivi, domande retoriche, punti esclamativi e puntini di sospensione.
L’opera ha avuto diverse trasposizioni teatrali e musicali, e nel 2009 è stata tradotta in Esperanto, da Liven Dek, con il titolo “Platero kaj mi”.
Allego il francobollo spagnolo del 2008 per il 50° anniversario della morte di Juan Ramón Jiménez.