L’1 luglio è l’anniversario della cessazione (nel 2005) dell’obbligo del servizio militare in Italia.
Così ne dette notizia, il 2 luglio 2005, la trasmissione in Esperanto della RAI (Radio Roma):
>De hieraŭ, la unua de julio, falas en Italio la kurteno super la deviga soldatservo, kiu akompanis la landon ekde ĝia unuiĝo en 1861. Kiu soldatservos, ekde nun, tion faros propravole. Kaj ne plu konsciencaj militrifuzantoj. Kiu volos, tamen, povos plenumi civilan servon.
>Da ieri, primo luglio, in Italia, cala il sipario sulla leva militare obbligatoria, che aveva accompagnato il Paese fin dall’Unità d’Italia, nel 1861. Chi andrà sotto le armi, da ora in poi, lo farà di sua volontà. E niente più obiettori di coscienza. Chi vorrà potrà, comunque, prestare il servizio civile.
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Già prima dell’unità d’Italia (17 marzo 1861), era previsto nei vari Stati il servizio militare obbligatorio, ma nel Regno delle Due Sicilie vigeva una regola singolare, per cui era possibile farsi sostituire da un’altra persona: è facilmente intuibile che questa possibilità era abilmente sfruttata da chi (per posizione sociale, e/ o per censo) poteva permettersi di trovare un sostituto.
Ma c’era anche un’altra eventualità, testimoniata da una canzone popolare di autore anonimo, in cui un innamorato respinto (e deluso) si sacrifica per consentire la felicità della dona che ama, non ricambiato:
(canta Enrico Caruso)
MIA SPOSA SARÀ LA MIA BANDIERA
M’hanno detto che Beppe va soldato
e che v’han visto pianger di nascosto.
Ah! Far pianger si begli occhi è gran peccato;
Beppe non partirà; prendo il suo posto.
Niun piangerà per me…vi ricordate
la sera della festa l’altra estate?
Parlarvi osai d’amor, rideste tanto
che dall’affanno di nascosto ho pianto.
Piansi e giurai di nulla in terra amare
fuori che voi; mantengo il giuramento.
Ah! Se un dolor da voi posso scansare,
questo è dell’amor mio premio e contento.
Beppe vi condurrà presto all’altare,
io lieto me ne vado al reggimento;
siate compagna sua dolce e sincera,
e mia sposa sarà la mia bandiera.
Con l’unità d’Italia, l’obbligo di leva fu esteso con regole uniformi a tutte le Province, sempre per i soli maschi; l’obbligo del servizio militare di massa suscitò vivaci reazioni nelle popolazioni meridionali, perché esse speravano di avere condizioni di vita migliori che in passato, e perché il nuovo Stato era bellicoso, oltre tutto per finalità che non interessavano i meridionali (ricordo che nel romanzo “I Malavoglia” di Giovanni Verga, uno dei protagonisti siciliani muore nella battaglia navale di Lissa contro la Marina Austro-ungarica).
La coscrizione obbligatoria fu una delle cause del cosiddetto “brigantaggio” meridionale, alimentato in parte dai renitenti alla leva; lo Stato unitario combatté con particolare durezza la renitenza, incarcerando non solo i renitenti, ma anche i loro familiari.
Il servizio di leva fu particolarmente gravoso durante la prima guerra mondiale, in cui, una volta di più, i meridionali dovettero combattere per finalità che non li interessavano (mio nonno paterno, siciliano di Messina, quando fu mandato a combattere sul Carso, probabilmente neppure sapeva con precisione dove fosse Trieste).
La durata del servizio di leva, inizialmente molto lunga, fu progressivamente ridotta, fino a giungere a 10 mesi nel 1997.
Contemporaneamente, si fecero strada due richieste:
– l’obiezione di coscienza, cioè la possibilità di prestare un servizio civile sostitutivo, adempiendo non in armi al precetto dell’art. 52 della Costituzione repubblicana, secondo cui “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”;
– l’ammissione delle donne al servizio militare.
Alla prima richiesta (dopo aspre contese, che nel 1965 dettero origine ad un processo per apologia di reato a carico di Don Lorenzo Milani, il quale aveva sostenuto l’obiezione di coscienza)
fu risposto con la legge 15 dicembre 1972 n. 772, che riconobbe l’obiezione di coscienza, in un primo momento per motivazioni di carattere religioso e con una durata del servizio civile maggiore di quella del servizio militare (per evitare comodi sotterfugi); successivamente (grazie all’intervento della Corte costituzionale e a modifiche legislative) anche senza particolari motivazioni, e per una durata uguale, finché con legge 6 marzo 2001, n. 64, fu istituito il Servizio civile nazionale.
Alla seconda richiesta fu risposto con due decreti legislativi del 2000, che ammisero le donne al servizio militare volontario.
A coronamento di questo cammino progressivo:
– la legge 14 novembre 2000, n. 331, previde la graduale sostituzione con volontari, entro sette anni, dei militari in servizio obbligatorio di leva, peraltro con la clausola che la coscrizione obbligatoria poteva essere ripristinata in caso di carenza di volontari, in caso di guerra, e in caso di gravissime crisi internazionali;
– la legge 23 agosto 2004, n. 226, prendendo atto della progressiva riduzione della natalità, della brevità della ferma, della complessità dei moderni sistemi d’arma che richiede professionalità, e dell’esigenza di contenimento della spesa, ridusse da 270.000 a 190.000 il numero dei militari, e stabilì che la chiamata alle armi sarebbe cessata con il 31 dicembre 2004.
Ci si accorse, però, che circa 20.000 giovani si trovavano in una situazione assurda: chiamati alle armi nella seconda metà del 2004, nel 2005 erano ancora in servizio di leva, pur essendo stata soppressa la coscrizione obbligatoria. Fu quindi necessario adottare d’urgenza un decreto legge, che consentì il congedo anticipato degli interessati dall’1 luglio 2005.
Il vigente art. 1929 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, prevede che possano essere richiamati in servizio i volontari cessati da non più di cinque anni,
a) se è deliberato lo stato di guerra ai sensi dell’articolo 78 della Costituzione;
b) se una grave crisi internazionale nella quale l’Italia è coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale giustifica un aumento della consistenza numerica delle Forze armate.
È da dire che la riforma del servizio militare fu accolta dall’opinione pubblica in maniera molto controversa:
– chi era favorevole al servizio di leva, riteneva che esso stabiliva una osmosi tra giovani di diverse provenienze geografiche, sociali e linguistiche, consentiva di conoscere realtà diverse e stringere amicizie, creava uno spirito di disciplina e di cooperazione;
– chi invece, era contrario, oltre a manifestare considerazioni etiche (pacifismo e antimilitarismo), affermava che veniva limitata la libertà personale, sia all’atto del reclutamento che nei mesi di servizio, equiparati ad una forma di reclusione; era imposta una rigida disciplina gerarchica; l’obbligo era discriminatorio e sessista a favore delle donne; costringeva ad entrare in ritardo nel mondo del lavoro, sia in assoluto che in confronto agli esentati e alle donne; non dava alcuna professionalità; metteva forzatamente a contatto con giovani pregiudicati; esponeva più facilmente ad atti di bullismo da parte degli anziani.
Allego una curiosità: un biglietto postale “a tariffa ridotta per militari di truppa in servizio di leva”, utilizzato nel 1978 per l’annullo postale speciale per il 49° Congresso italiano di Esperanto (Cesena).