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Rifugiati

Il 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, appuntamento annuale voluto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione (spesso non conosciuta o addirittura ignorata) dei milioni di rifugiati che, costretti a fuggire da guerre e violenze, lasciano la propria casa e tutto ciò che era parte della loro vita, per costruirsi un futuro dopo sofferenze ed umiliazioni.
Ho già parlato di questo argomento nel 2017

Rifugiati


e nel 2018.

Rifugiati


Oggi concentro la mia attenzione su una circostanza di cui spesso non si ha consapevolezza.
La storia di Roma, come tramandata nell’Eneide di Virgilio, è strettamente legata alle vicende di un profugo “extracomunitario”, Enea, in fuga da Troia (nell’odierna Turchia),

Heinrich Schliemann


accolto con generosità dai Latini quando arrivò sulle coste italiane, proveniente – guarda caso! – dalla Libia, dove era stato accolto benevolmente da Didone, anch’essa profuga da Tiro, solidale per l’esperienza di un comune dolore (I, 628-630):
Me quoque per multos similis fortuna labores
iactatam hac demum voluit consistere terra;
non ignara mali miseris succurrere disco.

(Un destino simile ha voluto che anch’io,
sballottata attraverso molte sventure,
mi fermassi finalmente in questa terra;
non ignara del male imparo a soccorrere i miseri).

Virgilio mette bene in evidenza, fin dai primi versi (I, 1-3), la condizione di profugo di Enea:
Arma virumque cano Troiae qui primus ab oris
Italiam fato profugus Laviniaque venit
litora, multum ille et terris iactatus et alto.

L’armi canto e ’l valor del grand’eroe
che pria da Troia, per destino, ai liti
d’Italia e di Lavinio errando venne;
e quanto errò, quanto sofferse, in quanti
e di terra e di mar perigli incorse.
(trad. Annibal Caro)

Lo stesso fa Dante Alighieri nella Divina Commedia (Inferno I, 73-75):
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia,
poi che ‘l superbo Ilion fu combusto.

Alla tragica vicenda dell’incendio di Troia e della fuga di Enea si ispira l’affresco di Raffaello Sanzio ed aiuti, nei Palazzi Vaticani, sull’Incendio di Borgo (quartiere romano subito davanti la basilica di San Pietro) nell’anno 847. L’incendio si spense “miracolosamente” grazie alla benedizione del Papa dell’epoca, Leone IV. L’affresco utilizza figure classiche, paragonando l’incendio di Borgo a quello di Troia, con Enea in fuga da Troia che porta sulle spalle l’anziano padre Anchise.
(L’affresco mirava, tra l’altro, a mettere in risalto il ruolo pacificatore del Papa, e l’accoglienza ai rifugiati).
Allego:
– l’immagine dell’affresco “L’incendio di Borgo”;
– il francobollo italiano del 1930, nella serie per il bimillenario virgiliano, con il verso dell’Eneide (III, 524) che mostra la grande gioia dei profughi alla vista delle coste italiane:
Italiam laeto socii clamore salutant
(l’Italia salutano i compagni con lieto clamore).

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