Il 17 marzo è l’anniversario della morte (nel 1542) del drammaturgo, attore e scrittore italiano (veneto, forse padovano) Angelo Beolco, conosciuto come Ruzante o Ruzzante (1496-1542),
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dal nome di un personaggio delle sue commedie, un contadino padovano sensuale, famelico e sboccato.
La sua fortuna nel tempo è stata varia: famoso e citatissimo durante la sua epoca (sebbene il pubblico ne avesse soprattutto conoscenza orale, dato che tutte le sue opere furono pubblicate postume), fu presto dimenticato, per due motivi: perché scrisse in un dialetto padovano (patavino) ormai arcaico e difficilmente compreso dagli stessi padovani, che perde vigore nelle traduzioni in linguaggio corrente; e perché le sue commedie portavano in scena le classi subalterne, trascurate invece nei secoli successivi.
Di recente Ruzante è stato “riscoperto” e valorizzato, forse sulla scia del doppio “sdoganamento” (linguistico e contenutistico) operato nella commedia italiana da Dario Fo (1926-2016).
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In occasione del ritiro del Premio Nobel per la Letteratura per il 1997, Dario Fo, quasi a cercare illustri precedenti culturali da contrapporre alle polemiche per il conferimento a lui di quel Premio, così definì Ruzzante:
«Uno straordinario teatrante della mia terra, poco conosciuto… anche in Italia. Ma che è senz’altro il più grande autore di teatro che l’Europa abbia avuto nel Rinascimento prima ancora dell’avvento di Shakespeare. Sto parlando di Ruzzante Beolco, il mio più grande maestro insieme a Molière: entrambi attori-autori, entrambi sbeffeggiati dai sommi letterati del loro tempo. Disprezzati soprattutto perché portavano in scena il quotidiano, la gioia e la disperazione della gente comune, l’ipocrisia e la spocchia dei potenti, la costante ingiustizia»
Per quanto possa apparire un’impresa impossibile, l’opera più famosa di Ruzante (Dialogo de Ruzante”, circa 1530) è stata magistralmente tradotta in Esperanto (con il titolo “Interparolo”) da Carlo Minnaja, pubblicata nel 1990 dalla editrice Edistudio di Pisa, e rappresentata nel Teatro “Antonianum” di Padova, da una troupe teatrale di Zagabria, durante il 61° Congresso Italiano di Esperanto (settembre 1990).
Una recensione è apparsa su “Literatura Foiro” 1991-134, p. 48-49.
Allego la copertina della versione in Esperanto.