Il 23 febbraio è l’anniversario della morte (nel 1821, a poco più di 25 anni) del poeta inglese John Keats (1795-1821),
it.wikipedia.org/wiki/John_Keats
Ho già parlato di lui il 23 febbraio 2017
e il 23 febbraio 2018
Oggi mi limito a trascrivere la poesia “When I have fears that I may cease to be”, in inglese, e nelle traduzioni in italiano (Quando ho paura che potrei cessare di esistere) e in Esperanto (Kiam mi timas, ke la morto drenos).
Allego un francobollo italiano del 1989, su bozzetto di Francesco Tulli, con la Scalinata di Trinità de’ Monti (piazza di Spagna) a Roma; sulla destra, la casa dove abitò Keats.
WHEN I HAVE FEARS THAT I MAY CEASE TO BE
When I have fears that I may cease to be
Before my pen has glean’d my teeming brain,
Before high-piled books, in charact’ry,
Hold like rich garners the full-ripen’d grain;
When I behold, upon the night’s starr’d face,
Huge cloudy symbols of a high romance,
And think that I may never live to trace
Their shadows, with the magic hand of chance;
And when I feel, fair creature of an hour!
That I shall never look upon thee more,
Never have relish in the faery power
Of unreflecting love! – then on the shore
Of the wide world I stand alone, and think
Till love and fame to nothingness do sink.
John Keats
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QUANDO HO PAURA CHE POTREI CESSARE DI ESISTERE
Quando ho paura che potrei cessare di esistere
prima che la mia penna abbia spigolato il mio fertile intelletto,
prima che le alte pile di libri, a stampa,
contengano come ricchi granai la messe pienamente matura;
quando io vedo, sul volto stellato della notte,
enormi simboli nuvolosi di un elevato romanzo,
e penso che non potrei mai vivere per seguire
le loro ombre, con la magica mano del caso;
e quando io sento, bella creatura di un’ora!
che mai più ti guarderò,
che non ho mai assaporato il magico potere
di un amore non riflesso! – allora sulla riva
del vasto mondo sto solo, e penso
finché amore e fama sprofondano nel nulla.
John Keats, trad. Antonio De Salvo
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KIAM MI TIMAS, KE LA MORTO DRENOS
Kiam mi timas, ke la morto drenos,
antaŭ ol plumo spilos, la fekundon
de mia cerb’, kaj librostaploj tenos,
kiel silegoj, la rikoltabundon;
kiam mi vidas, kiel nuboj drivas
sur stela volb’ simbole pri fabeloj,
kaj pensas, ke mi eble ne ĝisvivos
paŭsi la ombrojn per hazardgrifeloj;
kiam konstatas, efemerulin’,
ke mi ne ree vidos vin; l’ animo
neniam plu en fea amo sin
rulados lukse – tiam sur la limo
de tiu vasta mondo mi meditas
ĝis amo kaj renom’ degele glitas.
John Keats, trad. John I. Francis
(“Literatura Foiro” 1981-68, p. 6)