Il 18 gennaio è l’anniversario della morte (nel 1547) dell’umanista, scrittore, grammatico, traduttore e storico italiano (veneziano) Pietro Bembo (1470-1547).
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Profondo conoscitore del latino e del greco, bibliotecario della Biblioteca Marciana di Venezia,
attivo collaboratore del programma editoriale di Aldo Manuzio (1449-1515),
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Bembo è famoso soprattutto per l’influenza che ebbe sulla lingua italiana, da lui modellata sul toscano (appreso durante un soggiorno a Firenze); i suoi libri (in particolare, “Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua”), la sua pubblicazione di una ediziona critica del “Canzoniere” di Francesco Petrarca e della “Divina Commedia” di Dante Alighieri, la sua ammirazione per la prosa di Giovanni Boccaccio, la sua trasposizione in volgare dello stile latino di Cicerone e di Virgilio, hanno dato per secoli una particolare impronta alla lingua italiana letteraria, soprattutto in poesia (il cosiddetto “petrarchismo”), con parole, forme, espressioni ed immagini del tutto lontane dalla realtà quotidiana: non è esagerato dire che per la maggior parte degli italiani contemporanei “quella” lingua italiana è una vera e propria “lingua straniera”, che però occorre imparare, quanto meno passivamente, per decifrare i classici che si studiano nelle scuole.
Trascrivo un sonetto di Pietro Bembo, in italiano (letterario) e nella traduzione in Esperanto di Luigi Minnaja; almeno 16 parole del testo italiano non sono usate nella vita di ogni giorno, ma lo sono soltanto in poesia oppure in tono ampolloso e perfino comico.
Allego la copertina di una edizione del 1761 del libro “Le Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua”.
CRIN D’ORO CRESPO
Crin d’oro crespo e d’ambra tersa e pura, ch’all’aura su la neve ondeggi e vole, occhi soavi e più chiari che ‘l sole, da far giorno seren la notte oscura,
riso, ch’acqueta ogni aspra pena e dura, rubini e perle, ond’escono parole sì dolci, ch’altro ben l’alma non vòle, man d’avorio, che i cor distringe e fura,
cantar, che sembra d’armonia divina, senno maturo a la più verde etade, leggiadria non veduta unqua fra noi,
giunta a somma beltà somma onestade, fur l’esca del mio foco, e sono in voi grazie, ch’a poche il ciel largo destina.
Pietro Bembo
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ORA BUKLARO
Ora buklaro kiel ambro pura,
ondanta frunto je aerospiro;
dolĉa rigard’, pli klara ol sunbrilo,
tiel ke tage lumas nokt’ serena;
mildiga rid’ por ĉiu peno dura;
ruben’ kaj perloj, font’ de dolĉa diro
plensatiganta al animdeziro;
korkapta kaj korŝtela man’ ebura;
kanto ŝajnanta dia harmonio,
prudent’ matura en plej verda aĝo,
ĉarm’, kiun ni ĉe ni neniam notis;
ega honest’ kaj ega belgracio
estis por mi fajrtindro; per omaĝo
tia, ĉielo nur malmultajn dotis.
Pietro Bembo, trad. Luigi Minnaja
(“Itala Antologio”, COEDES/ FEI, Milano 1987, p. 178-179)