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Henri Bergson

Il 4 gennaio è l’anniversario della nascita (nel 1859) del filosofo francese Henri-Louis Bergson, conosciuto come Henri Bergson (1859-1941)
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Il padre era un ebreo polacco (il cognome originario era Bereksohn), la madre un’ebrea anglo-irlandese. Nato a Parigi, visse fino a nove anni a Londra, dove imparò l’inglese; tornato in Francia, acquisì la cittadinanza francese.
Bergson ha esercitato una forte influenza in vari campi, soprattutto in quelli della filosofia e della psicologia, grazie a quattro opere principali: “Essai sur les données immédiates de la conscience” (Saggio sui dati immediati della coscienza), “Matière et Mémoire” (Materia e Memoria), “L’Evolution créatrice” (L’evoluzione creatrice) e “Les deux sources de la morale et de la religion” (Le due sorgenti della Morale e della Religione), in cui affronta i problemi del tempo, della percezione, della memoria, della vita spirituale, delle varie motivazioni del riso (che può essere determinato anche dalla cattiveria e dall’egoismo, per umiliare e sottomettere), del ruolo dell’arte, dell’evoluzione creatrice, dello “élan vital” (slancio vitale) che muove la vita mediante un adattamento continuo.
Nel corso della prima guerra mondiale non solo incitò alla lotta, ma anche sostenne che, nel conflitto tra spirito e materia, i francesi rappresentavano lo spirito, e i tedeschi la materia.
Nel 1918 fu nominato membro della “Académie française” (Accademia francese).
Nel 1927 gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura, con una motivazione che, più che al valore letterario delle sue opere, faceva riferimento al loro contenuto filosofico: un espediente, per superare la difficoltà costituita dal fatto che non esiste un Premio Nobel per la Filosofia.
La poliedrica vastità della sua ideologia è dimostrata dalla singolare circostanza che movimenti di segno opposto si appropriarono di questa o quella idea di Bergson, strumentalizzandola a scopo di propaganda:
– i socialisti marxisti videro nella sua filosofia una conferma del “realismo” di Karl Marx (1818-1883) e Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865);
– i sindacalisti rivoluzionari, con Georges Sorel (1847-1922), seguirono la sua ideologia volontaristica, applicandola alla lotta di classe;
– i movimenti di destra, compreso il nascente fascismo, accolsero con entusiasmo il suo vitalismo;
– i cattolici modernisti cercarono nelle sue opere un sostegno alle loro posizioni (ma si scontrarono con l’opposizione della Chiesa cattolica, che nel 1914 mise all’indice gli scritti di Bergson).
Del resto, le sue idee in fatto di religione non erano molto in sintonia con i principi dell’obbedienza ad una autorità e della credenza nei dogmi; in particolare, Bergson contrapponeva una “società aperta”, caratterizzata dal dinamismo, ad una “società chiusa”, staticamente cristallizzata (l’intuizione verrà ripresa da Karl Popper).
Apprezzabile è il comportamento di Bergson di fronte alle leggi antisemite del Governo francese collaborazionista di Vichy del Maresciallo Pétain: non accettando di costituire un’eccezione all’applicazione dei provvedimenti razziali, rinunciò a tutte le cariche e tutti gli onori; e pur essendosi avvicinato al cattolicesimo, rinunciò a fare atto formale di “conversione”, per solidarietà con i suoi correligionari perseguitati, e per non dare l’impressione di opportunismo. Nel testamento, redatto nel 1937, scrisse:
>«Mes réflexions m’ont amené de plus en plus près du catholicisme, où je vois l’achèvement complet du judaïsme. Je me serais converti, si je n’avais vu se préparer depuis des années la formidable vague d’antisémitisme qui va déferler sur le monde. J’ai voulu rester parmi ceux qui seront demain des persécutés. Mais j’espère qu’un prêtre catholique voudra bien, si le cardinal-archevêque de Paris l’y autorise, venir dire des prières à mes obsèques. Au cas où cette autorisation ne serait pas accordée, il faudrait s’adresser à un rabbin, mais sans lui cacher et sans cacher à personne mon adhésion morale au catholicisme, ainsi que le désir exprimé par moi d’abord d’avoir les prières d’un prêtre catholique».
(traduzione: «Le mie riflessioni mi hanno portato sempre più vicino al cattolicesimo, nel quale vedo il completamento dell’ebraismo. Io mi sarei convertito, se non avessi visto prepararsi da diversi anni la formidabile ondata di antisemitismo, che va dilagando sul mondo. Ho voluto restare tra coloro che domani saranno dei perseguitati. Ma io spero che un prete cattolico vorrà venire a dire le preghiere alle mie esequie, se il cardinale arcivescovo di Parigi lo autorizzerà. Nel caso che questa autorizzazione non sia concessa, bisognerà rivolgersi a un rabbino, ma senza nascondere a lui o ad altri la mia adesione morale al cattolicesimo, come pure il desiderio da me da principio espresso di avere le preghiere di un prete cattolico»).
E fu un prete cattolico a recitare le preghiere al suo funerale.
(Una traduzione in Esperanto delle citate frasi del testamento fu pubblicata su “Espero katolika” 1946-6, p. 87).
Quanto ai rapporti di Bergson con l’Esperanto, personalmente era molto favorevole; ma quando, nei primi anni venti, alla Società delle Nazioni si discusse dell’argomento, fu costretto a votare contro per difendere la posizione del Governo francese di cui era rappresentante, che non accettava l’idea di una lingua di uso internazionale che non fosse il francese. Ne parlano il volume enciclopedico “Esperanto en perspektivo”, p. 701, il libro “La danĝera lingvo” di Ulrich Lins, la sua versione in italiano “La lingua pericolosa”, e la rivista “L’Esperanto” 1975-10, p. 18.
Segnalo anche questo collegamento:
gxirafo.blogspot.com/search/label/Henri%20Bergson
Allego il francobollo francese del 1959, su bozzetto di Raoul Serres, per il centenario della nascita di Bergson.

Un pensiero su “Henri Bergson

  1. E’ BELLO QUANDO TI VIENE SOTTOLINEATA LA BELLEZZA DEL TUO CREDO. LODO IL SIGNORE PER LA BELLISSIMA TESTIMONIANZA …… DI UN “NON CATTOLICO”.

    BUON ANNO A TUTTI !

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