Il 12 ottobre è l’anniversario della nascita (nel 1896) del poeta e scrittore italiano (genovese) Eugenio Montale (1896-1981),
it.wikipedia.org/wiki/Eugenio_Montale
Premio Nobel per la Letteratura nel 1975.
Ho già parlato di lui il 12 settembre 2018
Oggi presento (in italiano, e nella traduzione in Esperanto) una poesia che Montale scrisse nel 1925, e che pare quasi uno sconvolgente presentimento del disastro che ha colpito Genova il 14 agosto 2018, qualche minuto prima di mezzogiorno, quando un colossale ponte autostradale è crollato nella parte centrale (circa 200 metri su 1.000), provocando la morte di 43 persone: all’improvviso, in modo inatteso, è apparso il vuoto davanti agli occhi stupiti e terrorizzati degli abitanti.
La poesia, intrisa di negatività e di pessimismo (“un’aria di vetro,/ arida”), ruota intorno alla sensazione che è molto sottile il confine tra la realtà e il vuoto (“il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro/ di me, con un terrore di ubriaco”).
Allego una foto del ponte crollato.
FORSE UN MATTINO ANDANDO
Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Eugenio Montale (“Sepiaj ostoj”), trad. Gaudenzio Pisoni
(“Enlumas min senlimo”, LF-KOOP 1990, p. 139)