Nel 1991 la Grecia (il cui nome ufficiale è Ελληνική Δημοκρατία – Ellenike Demokratia, che però non significa Democrazia Ellenica, ma Repubblica Ellenica)
ha emesso un francobollo (che allego) per celebrare i “2500 anni della democrazia ellenica”.
Se non sbaglio i conti (2500 – 1991), l’anno di riferimento dovrebbe essere più o meno il 510 a. C., quando ad Atene comandava Clistene (Κλεισθένης)
it.wikipedia.org/wiki/Clistene
Personalmente, ho qualche perplessità su questa attribuzione di primogenitura; ma i miei dubbi, probabilmente, nascono dalla difficoltà di stabilire che cosa sia la “democrazia” cioè, alla lettera, il “governo del popolo”, e quando questo sistema di governo si possa dire effettivamente realizzato, al di là delle affermazioni verbali.
Ebbene, a mio parere una forma (sia pure embrionale) di democrazia è riscontrabile già all’epoca di Solone (Σόλων) (638-558 a.C.)
il quale cercò di ridimensionare il potere degli aristocratici stabilendo quello che chiamava “eunomia” (sostanzialmente, buon governo), anche se i risultati furono inferiori alle intenzioni; Solone riuscì, infatti, a scontentare tutti: gli aristocratici, perché ampliò la base dei cittadini chiamati a decidere le sorti della vita pubblica, ed i poveri, perché non ebbe la forza e/ o il coraggio di intervenire sulle diseguaglianze sociali, a parte l’abolizione della schiavitù per debiti.
Solone andava fiero di questa impopolarità, perché diceva che se tutti ce l’avevano con lui significava che non aveva favorito nessuno: non siamo al mussoliniano “molti nemici, molto onore”, ma piuttosto all’evangelico ammonimento di Luca 6, 26: “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi”.
In realtà, Solone non ha avuto fortuna in Italia, se si pensa che in italiano il nome “Solone” ha assunto il significato di “persona saccente e moralista”. Ho il sospetto che questa valutazione negativa dipenda dal fatto che Solone era molto chiaro nel mettere in guardia il popolo contro i rischi della demagogia, invitando a “non farsi fregare” dalle belle parole dei politici, ma badare ai fatti. Del resto, già il Cardinale Carlo Carafa (1517-1561) affermava in latino “Vulgus vult decipi, ergo decipiatur” ( = “Il popolo vuole essere ingannato, e allora sia ingannato”
it.wikipedia.org/wiki/Vulgus_vult_decipi,_ergo_decipiatur
ed io aggiungo, che oltre tutto il popolo non gradisce essere richiamato alla dura realtà, ma se la prende con chi viene sospettato di “gufare” se mette in dubbio mirabolanti promesse.
Trascrivo (in greco, nella versione italiana di Marcello Gigante e in quella in Esperanto di Kálmán Kalocsay) un frammento di una poesia di Solone, riportato da Diogene Laerzio (Διογένης Λαέρτιος)
it.wikipedia.org/wiki/Diogene_Laerzio
nel I libro I, § 52, dell’opera “Vite e dottrine dei filosofi illustri” (Βίοι καὶ γνῶμαι τῶν ἐν φιλοσοφίᾳ εὐδοκιμησάντων).
Ogni riferimento a persone ed avvenimenti attuali non è affatto casuale.
εἰ δὲ πεπόνθατε δεινὰ δι’ ὑμετέρην κακότητα,
μή τι θεοῖς τούτων μοῖραν ἐπαμφέρετε.
αὐτοὶ γὰρ τούτους ηὐξήσατε, ῥύσια δόντες,
καὶ διὰ ταῦτα κακὴν ἔσχετε δουλοσύνην.
ὑμέων δ’ εἷς μὲν ἕκαστος ἀλώπεκος ἴχνεσι βαίνει,
σύμπασιν δ’ ὑμῖν κοῦφος ἔνεστι νόος.
εἰς γὰρ γλῶσσαν ὁρᾶτε καὶ εἰς ἔπος αἰόλον ἀνδρός,
εἰς ἔργον δ’ οὐδὲν γιγνόμενον βλέπετε.
Solono (Σόλων)
Se mali avete sofferto per viltà vostra,
non imputate questo destino agli dèi.
Voi li alimentaste e qual preda vi offriste,
ed ora godete la trista schiavitù.
Ciascuno di voi calca le orme della volpe,
ma a voi tutti insieme è mente leggera.
Alla lingua, alle parole d’un uomo astuto badate,
non alle opere che egli compie.
Solone, trad. Marcello Gigante
www.teatroecritica.net/2014/11/teatrosofia-3-solone-e-la-menzogna-del-teatro/
LA TROMPITA POPOLO
Via malbravec’ alportis vian plagon, do ne la diojn
akuzadu nun pro via malfeliĉe amara sort’.
Vi la garantiojn cedis, kaj vin al iuj ajn vi lasis
superkreski, jen pro kio nun vi ĝemadas en servut’.
Kvankam per la ruz’ vi ĉiuj unuope superas vulpon,
kune la popolo estas stulta kaj poltrona amas’.
Nur la langon vi rigardas, respektante la buntajn vortojn,
sed neniam iu el vi scii volas, kia la ag’.
Solone, trad. Kálmán Kalocsay (“Tutmonda sonoro”, 1981, p. 58)