Il 23 luglio ricorre la nascita (nel 1892) di Tafarì Maconnèn, conosciuto come Hailé Selassié (1892-1974)
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ultimo Negus (Imperatore) di Etiopia (che gli italiani chiamavano “Abissinia”), spodestato dall’Italia nel 1936 e tornato al potere (dopo la sconfitta dell’Italia nella seconda guerra mondiale) dal 1941 al 1974.
Alla guerra d’Etiopia (1935-1936) è legata l’unica canzone “fascista” divenuta veramente popolare: “Faccetta nera”, parole di Renato Micheli, musica di Mario Ruccione.
La canzone, originariamente in dialetto romanesco e tutto sommato abbastanza accettabile nel contenuto (anche se nel quadro di un’avventura coloniale, era aperta a un’idea di integrazione), fu eseguita per la prima volta in pubblico durante la festa romana di San Giovanni del 24 giugno 1935.
L’ambasciatore inglese protestò, perché la riteneva troppo fascista, ed il compositore passò la notte al fresco (mentre nessuno infastidì, come sarebbe stato logico, l’autore delle parole).
La canzone divenne famosa nell’interpretazione di Carlo Buti:
Alla fine del 1936, il Prefetto di Roma impose al paroliere di riscrivere in italiano e modificare nel contenuto il testo originariamente in romanesco.
Perché questo intervento d’autorità?
In primo luogo, perché i dialetti erano considerati, dal fascismo, contrari allo spirito di unità nazionale; ma principalmente perché, dopo la proclamazione dell’Impero (9 maggio 1936),
all’Italia, fiera della vittoria, la canzone, che all’ambasciatore inglese era sembrata troppo fascista, appariva invece non abbastanza fascista: come poteva una negra avere la stessa Patria, la stessa bandiera, lo stesso Duce, la stessa camicia nera, ed esser bella come un’italiana?
Nel nuovo testo, la moretta ottiene un Re vero al posto del Negus che era un selvaggio; viene trattata sì umanamente, ma dall’alto in basso, mantenendo le distanze (“La nostra Patria veglia su te”); non sarà “romana e in camicia nera”; per bandiera non avrà quella italiana; non marcerà insieme agli italiani sfilando avanti al Duce e avanti al Re; e soprattutto l’affermazione che “La legge nostra è schiavitù d’amore/ ma è libertà de vita e de penziere” viene sostituita con “La legge nostra è schiavitù d’amore,/ il motto nostro è libertà e dovere”. Questa (modificata in senso crudamente fascista) è la versione che normalmente si trova su Youtube, a cura di circoli neofascisti.
Trascrivo i testi in romanesco, in italiano e in Esperanto (nella traduzione di Renato Corsetti e Giuseppe Castelli) di “Faccetta Nera”, ed allego:
- l’immagine dell’Imperatore di Etiopia (da un aerogramma del dopoguerra);
- una rarità in mio possesso: lo spartito originale di “Faccetta nera” del 1935;
- la prima pagina de “L’Esperanto” 1935-9/12, contemporaneo di “Faccetta nera”, con le “immagini dell’azione dei nostri soldati in Africa Orientale per la liberazione e la civiltà”.
FACCETTA NERA (1935)
(Renato Micheli – Mario Ruccione)
Si mò dall’artipiano guardi er mare
moretta ch’eri schiava tra le schiave,
vedrai come in un sogno tante nave
e un tricolore sventola’ pe’ te.
Faccetta nera, bella abbissina,
aspetta e spera, già l’Italia s’avvicina!
Quanno staremo vicino a te
noi te daremo ‘n’antra legge e un antro Re.
La legge nostra è schiavitù d’amore
ma è libbertà de vita e de penziere
vendicheremo noi camicie nere
l’eroi caduti e libberamo a te.
Faccetta nera, bella abbissina,
aspetta e spera che già l’ora s’avvicina!
Presto saremo vicine a te
e te daremo ‘n’antra Patria e un antro Re.
Faccetta nera, piccola abbissina,
te porteremo a Roma, libberata,
dar sole nostro tu sarai baciata,
starai in camicia nera pure te.
Faccetta nera, sarai romana
e pe’ bandiera tu ciavrai quella italiana:
noi marceremo insieme a te;
e sfileremo avanti ar Duce e avanti ar Re.
FACCETTA NERA (1936)
(Renato Micheli – Mario Ruccione)
Se tu dalle ambe or guardi verso il mare,
moretta ch’eri schiava tra gli schiavi
vedrai come in un sogno tante navi
e un tricolor che sventola per te.
Faccetta nera, ch’eri abissina,
aspetta e spera – si cantò – l’ora è vicina!
Or che l’Italia veglia su te
noi ti portiamo un’altra legge e un vero Re.
La legge nostra è libertà, o piccina,
e ti ha recata una parola umana:
avrai la casa e il pane, o morettina,
e lieta potrai vivere anche te.
Faccetta nera, ch’eri abissina,
aspetta e spera – si cantò – l’ora è vicina!
Or che l’Italia veglia su te
avrai tu pure a imperatore il nostro Re.
Faccetta nera, il sogno s’è avverato,
non sei più schiava e più non lo sarai
dal ciel d’Italia, libera, vedrai
il sol di Roma splendere su te.
Faccetta nera, ch’eri abissina,
tornò l’impero ed or l’Italia è a te vicina!
La nostra Patria veglia su te
e lo giuriamo al nostro Duce e al nostro Re.
NIGRULINETO
Sklavino nigra inter la sklavinoj,
rigardu de la montoj al la maro:
alvenas kvazaŭ revo jen ŝiparo
kaj flirtas trikolora flag’ por vi.
Nigrulineto, abisenino,
ne malesperu: de l’ atendo jen la fino!
Ni baldaŭ festos kune kun vi,
kun nova leĝo, novaj Reĝo kaj soci’.
Ĉe ni sklaveco eblas nur pro amo,
liberas ja la vivo kaj ideo.
Falintojn niajn venĝos la armeo,
sub nigra ĉemizar’ liberos vi.
Nigrulineto, abisenino,
eltenu iom: de l’ atendo jen la fino!
Vi baldaŭ havos nin ĉirkaŭ vi,
kun nova lando, novaj Reĝo kaj soci’.
Vizaĝo nigra de abisenino,
ni portos vin al Romo en libero:
vin kisos niaj suno kaj aero,
ĉemizo nigra kovros ankaŭ vin.
Nigrulineto, en tiu tago
vi iĝos Roma sub Itala nia flago.
Kun ni vi marŝos kun granda vant’
parade antaŭ niaj Reĝo kaj Gvidant’.
Trad. Renato Corsetti – Giuseppe Castelli
A Roma volevano portare solo la “bella abissina” ….. invece !