Il 20 aprile 1932 (ma nel necrologio siglato B.M., cioè Bruno Migliorini, ne “L’Esperanto” 1932-8/9, p.2, si parla del 19 aprile) morì a Torino il matematico e linguista piemontese Giuseppe Peano (1858-1932) it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Peano
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famoso, oltre che per varie fondamentali intuizioni e dimostrazioni nei campi della matematica e della logica (calcolo vettoriale, equazioni differenziali, numeri naturali, concetto di curva, simbolismo matematico), per il suo tentativo di creare una lingua universale per scambi scientifici, basata sul latino semplificato e per questo chiamata “latino sine flexione”
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cioè sul latino privato di declinazioni e coniugazioni, con i termini derivati dall’ablativo e con i verbi all’infinito.
Malgrado gli evidenti limiti di tale “lingua” ridotta all’essenziale (legata al mondo culturale latino, ed incapace di esprimere sfumature di pensiero), in essa Peano scrisse libri, pubblicò riviste, tenne lezioni universitarie; e dopo aver cambiato il nome della lingua in “interlingua” trasformò la precedente “Akademi Internasional de Lingu Universal” in “Academia pro Interlingua”, alla quale poteva iscriversi chiunque fosse interessato a trovare una soluzione al problema di una lingua internazionale.
Poiché ognuno poteva mantenere le proprie preferenze linguistiche, e in un primo tempo l’Accademia non prendeva ufficialmente posizione, ad essa aderirono anche molti esperantisti, forse nella speranza di indirizzare la scelta verso l’Esperanto; allego, ad esempio, una cartolina inviata nel 1928 da Peano all’allora ventinovenne Luigi Minnaja.
Allego anche le pagine 185 e 186 de “L’Esperanto” 1921-11, con una lettera del prof. Peano.
Oggi, il “latino sine flexione” è una lingua morta; ma, paradossalmente, sopravvivono i suoi concetti di fondo, cioè la semplificazione estrema e l’aggancio ad una cultura unica (attualmente quella inglese, come un tempo quella latina), spacciata come internazionale.