Il 9 febbraio ricorre la nascita (nel 1869) del poeta e critico letterario lombardo Giovanni Bertacchi (1869-1942), noto per la raccolta poetica “Canzoniere delle Alpi” e per poesie nel dialetto della natia Chiavenna (Sondrio).
Professore, dal 1915, di letteratura italiana presso l’Università di Padova “per chiara fama” (senza concorso), fu famoso negli anni a cavallo dei due secoli, anche per i suoi ideali libertari e per il suo socialismo umanitario (di cui fu massimo esponente Filippo Turati), volto a favorire la fratellanza universale e la solidarietà fra i popoli.
Bertacchi si oppose fermamente al fascismo, che reagì da un lato isolandolo, dall’altro cercando di coinvolgerlo nell’attività di regime: quando, nel 1926, fu istituita l’Opera Nazionale Balilla (i famosi “Ragazzi di Mussolini”), si chiese al poeta l’autorizzazione all’utilizzo come mezzo di propaganda della poesia “Balilla”, che egli aveva composto nel 1906 ispirandosi (come esempio di ribellione contro ogni oppressione) al ragazzo di Portoria che, il 5 dicembre 1746, dette inizio alla rivolta dei genovesi contro gli occupanti austro-piemontesi
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ma il poeta rifiutò l’autorizzazione.
Nel 1936, di fronte alla richiesta di giuramento di fedeltà al regime, Bertacchi preferì il pensionamento anticipato.
Di Bertacchi si ricorda, oggi, quasi soltanto una sua breve composizione, che trascrivo in italiano e nella traduzione in Esperanto (anche allegata come immagine):
PRECETTO
Il carro oltre passò, d’erbe ripieno
e ancor ne odora la silvestre via;
sappi far anco tu come quel fieno;
lascia buone memorie, anima mia.
Giovanni Bertacchi
BONDEZIRO
Jen, herboplena ĉaro preterpasis,
kaj post si plaĉan bonodoron lasis.
Faru, anim’, en sama maniero,
kaj post kiam vi iros for de l’ Tero,
en ĉiu bona homo, bona koro
postvivu pri vi kara rememoro.
Giovanni Bertacchi, trad. Alessandro Mazzolini
(“Literatura mondo” 1937-6, p. 164)