L’8 febbraio ricorre la morte (nel 1751) dell’architetto romano Nicola Salvi (1697-1751) it.wikipedia.org/wiki/Nicola_Salvi
conosciuto soprattutto come autore della Fontana di Trevi
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la cui ideazione fu affidata a lui nel 1745 in seguito ad un concorso in cui egli prevalse su architetti famosi quali Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli (quest’ultimo subentrò poi a Salvi nell’incarico di costruire la Reggia di Caserta, cui Salvi dovette rinunciare per le precarie condizioni di salute, che lo condussero alla morte nel 1751: sembra che il colpo apoplettico che gli prese sia stato causato proprio dalle frequenti ispezioni ai cunicoli dell’acquedotto dell’acqua Vergine – dell’epoca di Augusto, restaurato da Papa Urbano VIII -, di cui la Fontana di Trevi costituisce la mostra monumentale).
Una precisazione: l’acqua “Vergine” si chiama così non in onore della Madonna, ma in ricordo della leggenda secondo cui sarebbe stata una vergine, una giovinetta, a indicare ai soldati romani la sorgente da cui attingere l’acqua. Il nome “Trevi”, poi, è probabilmente la deformazione della parola “Trivio”, perché in origine l’acquedotto terminava appunto ad un trivio.
Alla morte dell’architetto, i lavori si fermarono, quando della fontana esistevano soltanto le fondamenta. Ripresero sostanzialmente dieci anni dopo, a cura di Pietro Bracci e del figlio Virginio, che portarono a compimento l’opera in soli de anni.
La Fontana è costituita da una grande vasca, ornata da una spettacolare scogliera in travertino movimentata da numerose statue, dominata da un colossale Nettuno, sul fondale architettonico della facciata di Palazzo Poli.
Al di là della sua importanza artistica nell’ambito del barocco romano, e della bellezza scenografica (esaltata dal fatto che ci si trova di fronte ad essa all’improvviso, in maniera del tutto inaspettata, sbucando fuori da una viuzza), la Fontana di Trevi è famosa in tutto il mondo perché, come cantava Renato Rascel nella canzone “Arrivederci Roma” di Pietro Garinei, Sandro Giovannini e Renato Rascel,
Ce sta ‘na leggenda romana
legata a ‘sta vecchia fontana
per cui se ce butti un soldino
costringi er destino a fatte tornà.
Della canzone esiste la versione in Esperanto, di Luigi Minnaja (da Radio Roma-Esperanto del 2.3.1958), di cui cito la quartina interessata:
www.cinquantini.it/esperant/kantoj/tradicia.html#GXIS%20LA%20REVIDO,%20ROMO
Ekzistas legendo mondfama
pri tiu malnova fontano:
se tien vi ĵetas moneron
vi trudas destinon por via reven’.
Un’ultima notazione: la canzone di Rascel parla con affetto di una “inglesina col naso all’insù”, innamorata (tra l’altro) di Roma; una bella differenza rispetto alla arcigna ed attempata “britanna” di cui parla Giosuè Carducci nella poesia “Dinanzi alle Terme di Caracalla”:
A le cineree trecce alzato il velo
verde, nel libro una britanna cerca
queste minacce di romane mura
al cielo e al tempo.
Di questa poesia esistono due traduzioni in Esperanto, entrambe (a distanza di anni) di Gaudenzio Pisoni; ne cito la quartina interessata, nelle due versioni:
ANTAŬ LA VARMBANEJOJ DE KARAKALO
Al grizhara kap’ la vualon verdan
levas brita in’, ŝi en libro serĉas
pri ĉi mur-restaĵ’ tempon kaj ĉielon
alminacanta.
(“L’Esperanto de FEI” 1972-168/169)
(“Itala Antologio” 1987, p.403-404)
Verdan vualon al la cindraj bukloj
levas Anglino, ŝi en libro serĉas
pri du muregoj al ĉiel’ kaj tempo
alminacantaj.
(“Literatura foiro” 1985-92)
In allegato: il francobollo emesso nel 1973 dalle Poste Italiane per celebrare la fontana, con l’annullo figurato dell’8 febbraio 1974 in occasione del XXVIII Convegno filatelico nazionale.